La scorsa settimana abbiamo parlato di Drawdown, e quindi mi sembra assolutamente in tema presentare un indicatore statistico poco conosciuto ma molto utilizzato nei paesi anglosassoni per la valutazione dei fondi Hedge, soprattutto per i CTA (Commodity Trading Advisors).

Il Calmar Ratio o Drawdown Ratio è stato creato da Terry W. Young e pubblicato nella rivista Trade Jourlan Futures nel 1991.

Young possedeva all'epoca un'azienda in California chiamata CMA (California Management Accounts) dove oltre a pubblicare una newsletter CMA Report gestiva dei fondi per i propri clienti.

 

Il nome del suo Ratio deriva dall'acronimo della sua società e della sua newsletter: CALifornia Management Account Report.

Il Calmar Ratio non è altro che il rendimento annualizzato degli ultimi 36 mesi diviso il massimo drawdown degli ultimi 36 mesi calcolato su base mensile.

Secondo Young il Calmar Ratio cambiando gradualmente permette di "smoothare" (ovvero lisciare) meglio i periodi di over-performance o under-performance dei CTA o degli Hedge Fund rispetto allo Sterling Ratio o lo Sharpe Ratio.

In realtà Young aveva modificato un indicatore già realizzato da Leon Rose nel 1979 che si chiama MAR Ratio (Management Account Report) che in realtà calcolava sempre il rendimento annualizzato dalla partenza del fondo con il massimo drawdown del fondo sin dalla partenza..

Sebbene gli indicatori siano praticamente identici, prendere solo gli ultimi 36 mesi rispetto a tutta la vita del fondo offre vantaggi e anche problematiche che è bene conoscere per evitare di trovarsi con brutte sorprese.

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Il rischio reale è di sottostimare i limiti di questi indicatori (tutti gli indicatori hanno dei pregi e difetti, a partire dal DIAMAN Ratio per finire con lo Sharpe Ratio che è uno dei più famosi) e trovarsi poi con delle brutte sorprese non previste.

Questi indicatori possono andare relativamente bene quando si stimano i rischi di un investimento in un mercato azionario regolamentato, perché comunque le caratteristiche di rischio sono descritte da un indice che evidenzia i rendimenti, la variabilità e il drawdown, ma sono molto pericolosi se usati dove la componente derivante dalla gestione è fondamentale e può modificare la percezione e la stima di questi indicatori.

Mi spiego meglio e mi piacerebbe alimentare il dibattito perché non ho attualmente una risposta chiara a questo problema: immaginate il mercato obbligazionario degli ultimi 20 anni, trend robusto di crescita e risultati praticamente sempre positivi (a parte il 2008 per i Corporate Bond e il 2011 per i Governativi).

Analizzando con il Calmar Ratio, ma anche con lo Sharpe o il DIAMAN Ratio i rendimenti ed i rischi di tale mercato sembrerebbe la panacea di tutti i mali, rendimenti robusti, stabili e con bassa variabilità, non ci sarebbero dubbi ad investire pesantemente su tale mercato, tutti gli indicatori sono positivi, anzi molto positivi.

La realtà però sappiamo essere diversa, gli spread sono ai minimi, i tassi sono ai minimi, i rendimenti sono ai minimi, quindi il meccanismo non può durare ancora molto prima di rompersi, e quando si romperà i rischi e il drawdown probabilmente saranno di entità maggiore di quelli visti in precedenza.

Quindi il dilemma rimane sempre, per il passato sono in grado di calcolare molto bene tutte le caratteristiche della serie storica, ma rischio che la confidenza in questi indicatori porti a scelte di investimento che pagherò caro.

Per comprendere bene questo esempio facciamo un esempio di due fondi obbligazionari corporate: uno che ha scelto per strategia di investire a breve termine (massimo 3-5 anni) e coprirsi sul rischio tassi vendendo future, ed un fondo che invece ha puntato sulla riduzione degli spread sia dei tassi che del rischio credito, quindi in portafoglio detiene tutte obbligazioni con duration lunghissime e rischio credito elevato.

Negli ultimi tre anni il secondo fondo ha doppiato probabilmente nei rendimenti il primo, poiché la scelta azzardata si è rivelata azzeccata e i rendimenti hanno retribuito il rischio assunto.

Ma il problema non è il passato, il problema è il futuro, perché chi ha avuto la fortuna di ottenere i rendimenti del secondo fondo, oggi ha un dilemma, simile a chi non ha avuto tale fortuna: "mi conviene mantenere l'investimento su tale fondo oppure cambiare sul primo che con ogni probabilità in futuro andrà meglio?" Purtroppo quasi nessuno comprende la domanda e chi possiede le quote del secondo fondo non ci pensano nemmeno a cambiarlo, mentre chi possiede le quote del primo incomincia a pensare che forse è meglio investire sul secondo fondo che ha reso molto di più.

Comprenderete leggendo quanto scrivo che la scelta migliore è invece consolidare i guadagni presi fino ad ora e cambiare prima che sia troppo tardi, perché non ci è dato sapere quando ciò accadrà, ma se utilizziamo intelligenza ed esperienza ci è dato sapere che non c'è alternativa e prima o poi accadrà.

Quindi il mio consiglio è, in attesa di trovare un indicatore statistico che ci aiuti in queste scelte, di comprendere i motivi dei rendimenti dei fondi in cui investite  non seguite ciecamente le mode ed i nomi famosi che hanno reso molto in passato, se ci tenete ai vostri soldi e quelli dei vostri clienti.

Come sempre se vi piace quanto scrivo aiutatemi a diffonderlo condividendo e twittando e magari anche con commenti per alimentare il dibattito.

Buon week end a tutti

DB