Miglioriamo insieme il mondo del risparmio gestito

Questo Blog ha lo scopo di alimentare un dibattito che ci auguriamo posso accrescere anche la nostra e la vostra cultura finanziaria, per colmare il gap che ci differenzia dal mondo anglosassone e per poi far prevalere la nostra creatività e genialità tipiche del popolo Italiano

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Pregi (pochi) e difetti del VaR

Quasi tutti conoscono cos'è il VaR, ovvero il Value at Risk, meno sanno che è un indicatore che era stato richiesto e creato dal CEO di J.P. Morgan a seguito della crisi del 1987 e ancora meno sanno che inizialmente si chiamava CaR, ovvero Capital at Risk.

Ma veniamo con ordine, dopo il lunedì nero del 19 ottobre 1987 che aveva fatto perdere in un solo giorno ben più del 20% nel mercato azionario statunitense, il ceo di J.P. Morgan Dennis Weatherstone chiese ai suoi quantitativi di creare il famoso "4:15 report", ovvero un report che contenesse in una unica pagina un valore per ogni singola asset class che facesse comprendere il rischio di perdita a cui era sottoposta la banca con un valore di confidenza e di probabilità.

 

Tale necessità era giustificata dal fatto che molti comparti della banca lavoravano indipendentemente uno dall'altro e le esposizioni ad un singolo rischio poteva essere sotto controllo per ogni singolo reparto, ma complessivamente poteva essere molto grande per la banca nel proprio complesso.

Questo utilizzo del CaR era giustificato e corretto ed effettivamente permise a J.P. Morgan di gestire al meglio varie situazioni dopo il 1989, anno in cui iniziò ad essere effettivamente usato tale indicatore di rischio.

Successivamente nel 1994 tale indicatore fu reso pubblico e nel 1996 uno spin off permise di creare Risk Metrics, una società che ha fatto fortuna con la diffusione di questo indicatore di rischio (ed altri sul rischio credito...).

Ma cos'è il VaR, ovvero Value at Risk? Sostanzialmente semplificando il concetto, il VaR è un intervallo di confidenza entro il quale il mercato non dovrebbe perdere più del valore stimato; significa che viene stimato un valore di perdita massima che non ci si aspetta di subire con un intervallo di confidenza dato da una percentuale di probabilità.

Mi spiego con un esempio: si prende la distribuzione (che deve essere normale, primo grosso difetto del VaR) e si stima quale dovrebbe essere al perdita che un investitore non dovrebbe subire con il 95% di probabilità, o meglio l'investitore ha solo il 5% di probabilità di ottenere una perdita maggiore del valore indicato.

b2ap3_thumbnail_normal_curve.gif

 

Inizialmente veniva utilizzato l'intervallo di confidenza del 95%, pari a 2 volte la deviazione standard, poi si è passato al 99% pari a quasi 3 volte la deviazione standard.

Quali sono i difetti principali del VaR?

1) se diciamo a qualcuno che ha il 99% di probabilità giornaliera di non perdere il 2% del capitale, cosa capisce questa persona? capisce che non perderà mai più del 2% del capitale, mentre in realtà gli stiamo dicendo che sicuramente nell'arco di due anni almeno una volta perderà più del 2%, e non si può stimare quanto più del 2%, potrebbe essere anche 8% in un giorno e il VaR non ha sbagliato la stima;

2) Il VaR è una derivata della normale dei rendimenti, ovvero dalla media e dalla varianza della distribuzione, il che significa che se la varianza aumenta, aumenta anche il VaR, ma quando accade ormai la frittata è fatta, poichè la varianza aumenta perché con ogni probabilità c'è stata una perdita che ne ha alzato il valore; ovvero il VaR mi indica ex post quale rischio ho corso, ma non mi aiuta ex-ante perché l'evento estremo non è considerato nella media e nella varianza stimate;

3) riferendosi all'esempio del punto 1) un investimento può perdere 1,5% per 10 giorni consecutivi ed il VaR non è mai stato forato, ma l'investitore che pensava di non perdere mai il 2% probabilmente è molto arrabbiato con chi gli ha fatto questa stima, poichè ha perso oltre il 15% del suo capitale...

b2ap3_thumbnail_var3.png

 

4) la distribuzione normale e di conseguenza anche il Var non sono sensibili alla sequenzialità dei rendimenti, nel grafico qui sopra ci sono due serie storiche che hanno medesima media e varianza, solo con una sequenza diversa di ordinamento dei rendimenti; il VaR, come la media e la varianza, come l'indice di sharpe e come tutti gli indicatori basati sulla teoria dei mercati casuali (necessaria per giustificare la normale dei rendimenti) falliscono clamorosamente davanti a questi esempi;

Per riassumere il problema più grande del VaR è l'utilizzo commerciale che molti fanno per stimare i rischi di un portafoglio di investimento soprattutto se indicati anche ai clienti investitori da parte dei promotori, perché oltre a sottostimare clamorosamente i rischi e quindi portando gli investitori a rischiare più del dovuto (come sostiene N.N. Taleb sul libro il Cigno Nero) porta a incomprensioni che posso causare rischi reputazionali molto forti, sia per il promotore che per la mandante.

Sono consapevole che gli amanti del Var non approveranno quello che dico, ma ormai sono riamasti sempre meno (per fortuna) quelli che utilizzano questo strumento senza averne compreso bene vantaggi (pochi) e limiti (tanti).

Per concludere faccio notare che l'unico uso valido del VaR sarebbe l'opposto di quello che viene utilizzato normalmente, ovvero per stimare le probabilità di uno strumento finanziario complesso (come una polizza con alti costi o una obbligazione strutturata) di battere per esempio il rendimento del BTP... Ovviamente non lo fa nessuno perché se un cliente sapesse che ha il 95% di probabilità di fare meno del BTP nessuno comprerebbe tale prodotto...

Condividete, condividete, condividete e anche twittate ;-)

Buon week end

DB

Commenti

  • Ospite
    roberto boccanera Sabato, 12 Luglio 2014

    Assolutamente d'accordo.
    Complimenti per la concretezza in cosi' poco spazio.

  • Daniele Bernardi
    Daniele Bernardi Domenica, 13 Luglio 2014

    Grazie Roberto, fa sempre piacere ricevere complimenti...
    soprattutto dovendo scrivere un post ongi sabato mattina...

  • Ospite
    Claudio Voltolini Domenica, 13 Luglio 2014

    Condivido tutto ma......
    Il Var non è certo un indicatore infallibile, è doveroso spiegarne la logica e pertanto le dinamiche nel tempo.
    Credo comunque che sia un valido strumento per visualizzare i rischi (storicamente calcolati) di un portafoglio in un determinato periodo.
    Preferibile, a mio avviso, alle scale di valori che indicano il rischio presenti nel prospetti dei fondi.
    Cosa significa per il cliente avere un rischio 3 in una scale di 7?

  • Daniele Bernardi
    Daniele Bernardi Domenica, 13 Luglio 2014

    Caro Claudio,
    per noi ci sono indicatori di rischio piu' validi del VaR che come detto non stima la sequanzialita' dei rendimenti, noi preferiamo drawdown, ulcer index, sconsigliamo l'uso del VaR per spiegare al cliente investitore il rischio che corre per i problemi evidenziati dal post
    a disposizione
    DB

  • Ospite
    Cristian Bissattini Martedì, 15 Luglio 2014

    Il problema e' sempre lo stesso. Con questo modello si cerca di prevedere potenziali perdite future utilizzando dati passati, basandosi sull'assunzione che la relazione continui a rimanere tale anche in futuro. Secondo: il metodo VaR, cosi come altri modelli della MTP, e' basato su una serie di assunzioni che non possono essere considerate valide in ogni contesto e quindi i suoi risultati possono essere compromessi. Last but non least: come tutti i modelli statistici e quantitativi il VaR deve essere utilizzato da persone che sappiano come utilizzarlo. Sembra una considerazione banale ma la realta' insegna che non lo e' affatto.

  • Daniele Bernardi
    Daniele Bernardi Martedì, 15 Luglio 2014

    Complimenti Cristian, hai centrato in pieno l'argomento, soprattutto l'ultimo concetto.
    DB

  • Ospite
    Clive Martedì, 15 Luglio 2014

    Buona parte della confusione, nell'utilizzo e nella comprensione del VaR, sono generati dall'associazione univoca tra VaR e ipotesi di distribuzione dei rendimenti Normale. Se fosse invece considerato alla stregua di quel che è, cioè il percentile di una distribuzione (che, peraltro, dovrebbe essere l'oggetto principale di indagine), molti malintesi svanirebbero, e ci si potrebbe focalizzare sui veri difetti del VaR, ossia la non sub-additività (che, specie per una banca, può costituire un serio problema) e il fatto di non dire nulla riguardo a "quel che succede" in caso di scenari ancora più negativi del VaR stesso (punto 1 dell'analisi di Daniele).

    Clive

  • Daniele Bernardi
    Daniele Bernardi Martedì, 15 Luglio 2014

    giustissimo Clive, ma come ha detto altrettanto giustamente Cristian, chi non conosce il bene il VaR e il concetto di sub-adattività questo strumento non dovrebbe usarlo...
    io tale concetto non ho osato rappresentarlo per non rendere ancora più tecnica una conversazione che nel mio intento deve rimanere comprensibile alla maggior parte delle persone, sia investitori che promotori che addetti ai lavori.
    Aiutaci a divulgare questo Blog
    DB

  • Ospite
    Federico Fatello Martedì, 15 Luglio 2014

    Il discorso è stato affrontato in maniera troppo semplicistica (comprensibilmente per evitare tecnicismi e rendere fruibile la lettura anche a non addetti al risk management) ma..non è proprio come un po' tutti sostenete e vi sono stati notevoli passi in avanti in questi anni.

    Dire "il VaR non stima la sequenzialità dei rendimenti" è poi, completamente errato( perdona Daniele). Come viene effettuata la stima in determinati modelli può essere, di contro, oggetto di discussione.

    Un saluto, :)

  • Daniele Bernardi
    Daniele Bernardi Martedì, 15 Luglio 2014

    Gentile Federico,
    non devo perdonarle nulla, ci mancherebbe altro che pensassi che tutti devono assolutamente avere la mia stessa opinione, per di più in una materia come la statistica che per definizione è una scenza inesatta.
    Comunque a parte la possibilità di stimare i momenti della distribuzione, comunque il VaR non varia cambiando la sequenza dei rendimenti e quindi non è in grado di stimarmi un drawdown massimo della serie storica.
    Se mi sbaglio gradirei un dibattito sul blog per comprendere dove, così miglioriamo la cultura del risparmio gestito, che è l'obbiettivo principale del mio blog.
    a presto
    DB

  • Ospite
    Clive Mercoledì, 16 Luglio 2014

    Buongiorno Daniele, a mio avviso non sta sbagliando, o meglio ha ragione in un caso molto particolare, che è il segunete: un VaR storico calcolato su una distribuzione empirica di rendimenti, utilizzando la ben nota formula VaR = media - z*volatilità (con z = percentile di una Normale standardizzata a un dato livello di confidenza). E' ovvio che in questo caso le due distribuzioni dell'esempio da lei postato, nella misura in cui hanno la stessa media e la stessa varianza, hanno anche il medesimo VaR. Ma, calcolando il VaR con altri approcci, tenendo conto ad esempio dei momenti superiori al secondo (in particolare, asimmetria e curtosi), dubito fortemente che il risultato nei due casi sarebbe analogo. Per quanto riguarda la sequenzialità, anche su questo sono d'accordo in parte: ma per argomentare a dovere questo punto bisognerebbe abbassare il grado di fruibilità del blog, cosa che non mi sembrerebbe giusta e che evito accuratamente di fare.

    Buona giornata,

    Clive

  • Daniele Bernardi
    Daniele Bernardi Mercoledì, 16 Luglio 2014

    Buongiorno Clive,
    come avevo detto e giustamente da te ripreso bisogna guardare i momenti della distribuzione per comprendere meglio l'andamento di una serie storica, anche se Asimmetria e Curtosi sono concetti che oltre ad essere poco comprensibili per l'utente medio, sono a mio avviso poco descrittivi, poiche' le condizioni dei mercati cambiano e quindi non c'e' garanzia che le caratteristiche passate della distribuzione rimangano immutate in futuro, anzi potrei affermare che sono sicuro del contrario.
    Comunque è pur vero che qualche strumento statistico bisogna usarlo, noi infatti abbiamo sviluppato un indicatore di rischio multifattoriale chiamato con poca fantasia DRI (Diaman Risk Indicator) che coniuga pregi e difetti di Volatilita', VaR, Ulcer Index, Drawdown e Fat Tail...
    continua a seguirci a magari aiutaci a divulgare sul web il nostro blog condividendo con chi ritieni possa interessare questo genere di informazioni.
    a presto
    DB

  • Daniele Bernardi
    Daniele Bernardi Giovedì, 17 Luglio 2014

    Purtroppo per errore ho cancellato il commento di Clive che riporto per intero qui sotto:
    Buona sera Daniele, oramai è diventata davvero una piacevole consuetudine scambiare qualche idea con lei. Nello specifico, concordo sulla poca eloquenza di termini come curtosi o asimmetria per l'utente mediano, quindi concordo con lei, sorvoliamo. Non sono tuttavia d'accordo sulla scarsa descrittività dei concetti sottostanti, e onestamente la mutabilità in futuro delle caratteristiche passate della distribuzione è un problema che, se esiste, riguarda tutti i momenti, inclusi media e varianza. A questo punto però lei solleva un tema a mio avviso corretto: il vero problema, in effetti, è l'utilizzo di statistiche "medie" storiche nella costruzione degli indicatori di rischio. La perdita attesa, comunque definita, risulterà tale "domani", e dunque la misura di rischio prescelta deve guardare in qualche modo alla futura distribuzione dei rendimenti... a meno che non siamo sicuri (io lo sono del contrario, by the way) che la distribuzione futura sia uguale a quella storica, da cui penso attinga anche il suo DRI. Eh già, sembrerebbe proprio un classico problema di previsione......

    Saluti,
    Clive

    P.S. Da statistico vorrei dire che la statistica è una scienza "non esatta" solo se la si confonde con la chiaroveggenza. Ma questo è un errore che uno statistico non farebbe mai...

  • Daniele Bernardi
    Daniele Bernardi Giovedì, 17 Luglio 2014

    Caro Clive,
    premesso che sono curioso di conoscere chi poi si cela dietro questo soprannome, anche per me è un piacere anche perché contribuisce all'obbiettivo primario che mi pongo con questo blog: ovvero la diffusione di una cultura finanziaria e statistica libera da pre-concetti che hanno cercato di inculcare durante la scuola e che sono ormai obsoleti e superati, quando non intenzionalmente forvianti.
    Non pretendo di avere il verbo assoluto e corretto, ma vorrei tanto che le persone arrivassero con la loro testa e non quella degli altri a comprendere concetti che sono fondamentali per la gestione corretta degli investimenti.
    La frase "la statistica è una scienza inesatta" non è mia ma di un carissimo amico di vecchia data che è docente di statistica a Padova e con cui ho condiviso le selezioni per le olimpiadi di matematica 25 anni fa (scrivere questa cosa mi fa male, gli anni passano mannaggia).
    a presto
    DB

  • Ospite
    federico fatello Domenica, 20 Luglio 2014

    Caro Daniele, qui la situazione si ingarbuglia e questo non è certo il luogo adatto per discutere di un argomento che necessita di approfondimenti non proprio agevoli.

    cmq, sintetizzando, il VaR misurato con una simulazione storica sufficientemente (mai totalmente) rappresentativa dell'universo di eventualità che il mercato può sorprendentemente presentare risponde alle esigenze di chiunque, con buona pace di curtosi, asimmetria, distribuzioni ignote e, racchiude in maniera elegante e probabilisticamente comprensibile tutta quella roba che hai infilato nel DRI restituendo una stima univoca(basta guardare che trovi al percentile desiderato). Per la stima parametrica (quella di cui parla clive), vi sono metodi più o meno pittoreschi ma estremamente noiosi e tecnici.

    L'importante è capire che si parla di "probabilità" e non di certezze e se domani atterrano gli alieni i VaR ci dice che dopodomani potrebbero atterrarne altri. Niente di più.

    Saluti,

  • Daniele Bernardi
    Daniele Bernardi Lunedì, 21 Luglio 2014

    Caro Federico,
    perdonami ma non concordo con te, il VaR è un pessimo strumento per misurare il rischio, soprattutto se usato singolarmente e commercialmente, poichè non è in grado di stimare l'arrivo dei marziani, forse potrebbe farlo qualche indicatore di Tail Risk che però ingoro...
    Se lo usassimo per stimare quanta pioggia può cadere in un giorno, in base ai dati storici di 20 anni di pioggia, ci accorgeremo magari che c'è il 95% di probabilità che non piova più di 200mm in un singolo giorno; però non mi dice nulla della probabilità che piova per 10 giorni di seguito facendone 50mm al giorno, che alla fine sono 500mm che non molto peggio dell'evento estremo; lo stesso succede con i rendimenti finanziari, quindi oltre a tutte le difficoltà di uniformare i parametri del VaR si sommano anche le difficoltà di interpretazione dei risultati.
    Inoltre non distingue i momenti del mercato, a marzo 2000 e marzo 2003, a marzo 2007 e marzo 2009 se prendo un parametro storico molto lungo il VaR non è in grado di dare probabilità di crescita diverse, cosa che invece è possibile ottenere con le probabilità condizionate.
    a presto
    DB

  • Ospite
    federico Martedì, 29 Luglio 2014

    Daniele, a me dispiace che nn concordi ma questo non sposta di un punto la statistica.

    Ribadisco: un VaR calcolato mediante simulazione storica sufficientemente estesa (ipotizziamo lo SPX) non teme alcun confronto con i più variegati (e spesso avariati) indicatori poichè non assume alcuna distribuzione specifica, tiene conto dello spessore delle code e restituisce una probabilità sintetica e comprensibile. Il problema è avere i fondi per coprirsi da tale evenienza..(e quindi si preferisce, sovente, utilizzare metodologie diverse).

  • Ospite
    Eugenia Martedì, 06 Ottobre 2015

    Salve Daniele. :)
    Ho difficoltà a capire certi concetti sui rendimenti e VaR perché sono così bassi? Leggendo l'articolo non ho trovato risposte alla mia domanda. Sono una studentessa e devo fare un confronto tra 2 imprese diverse prendendo 2 anni di quotazioni per ognuna, con 500 dati giornalieri per calcolare i rendimenti e il VaR 99% e 95% . Come risultato mi vengono valori negativi del VaR 99% come: -7,21 % e anche -5133,62% e non so come spiegare questo fatto. La domanda è : quale è più rischiosa dei 2 casi? E' possibile che il VaR possa essere talmente basso?
    Help me please ! ((

  • Daniele Bernardi
    Daniele Bernardi Martedì, 06 Ottobre 2015

    Gentile Eugenia,
    così è proprio difficile capire qual'è il problema; di sicuro c'è un problema nel calcolo perché il VaR è una misura statistica e deve restituire una perdita potenziale con l'1% o il 5% di probabilità che accada, -5133% non ha senso
    Verifica i calcoli e trova l'errore, il -7,21% può avere senso, è un'unità di perdita potenziale per un titolo azionario
    DB

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Ospite Domenica, 04 Maggio 2025